Padre Romanelli (Gerusalemme) La missione cristiana a Gaza da oasi per spirito e intelletto a rifugio
Padre Gabriel Romanelli - argentino di origine italiana, sacerdote dell’Istituto del Verbo Incarnato (Ive) - ci ha inviato una testimonianza sulla situazione nella Striscia di Gaza, dove è parroco della piccola comunità cattolica e responsabile delle due scuole cattoliche
Padre Gabriel Romanelli - argentino di origine italiana, sacerdote dell’Istituto del Verbo Incarnato (Ive) - ci ha inviato una testimonianza sulla situazione nella Striscia di Gaza, dove è parroco della piccola comunità cattolica e responsabile delle due scuole cattoliche. Attualmente risiede al Patriarcato di Gerusalemme perché da inizio ottobre, quando è rientrato da Roma dove ha preso parte alle celebrazioni per la nomina a cardinale del Patriarca Pierbattista Pizzaballa, non ha ancora potuto mettere piede nella Striscia.
Per eccellenza, il nome "Terra Santa" è attribuito al luogo dove Dio stesso si è incarnato, ha vissuto, è morto ed è risorto. Stando così le cose, Gaza è anche Terra Santa. Sì, poiché secondo una tradizione costante, la Santa Famiglia, con Gesù Cristo tra le braccia della Vergine e di San Giuseppe, fuggì dalle grinfie di Erode verso l’Egitto, passarono per Gaza, prendendo la Via Maris. E tornando dall’Egitto a Nazareth, riprese quella stessa strada.
Nel corso della storia cristiana della Striscia di Gaza è sempre esistita una comunità di battezzati. A volte sono stati più numerosi, a volte meno. Molti santi martiri, confessori della fede, padri della Chiesa, monaci fondatori e altri personaggi dei primi secoli sono venuti da Gaza o vi sono vissuti: Porfirio, Doroteo, Dositeo, Ilarione, Thea, Silvano, Vitale, Paolo, Timoteo, tra molti altri.
La missione cristiana a Gaza è sempre stata un’oasi. Oasi di vita spirituale, oasi di gioia e di riposo per pellegrini e viandanti. Un’oasi per i cristiani, sì, ma anche per ogni persona, credente e non, che è passata da queste parti. Questa missione dell’oasi si perpetua nel tempo ed è ciò che intendiamo fare con tutti i religiosi lì presenti: le Suore di Madre Teresa; le suore del Rosario di Gerusalemme e, noi, suore e sacerdoti della Famiglia religiosa del Verbo Incarnato.
Gaza oggi conta due milioni e trecentomila abitanti. La maggior parte sono musulmani. All’inizio della guerra, come cristiani, eravamo 1.017. Adesso siamo meno di mille. Siamo quasi lo 0,044% della popolazione, come il lievito nell’impasto; 21 cristiani sono morti in questa guerra, il 2% della comunità cristiana!
Anche la nostra parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, che appartiene al Patriarcato latino di Gerusalemme e che è stata affidata alla nostra cura pastorale, è un’oasi per tutti gli abitanti della Striscia. Oasi per lo spirito, oasi per l’intelletto, dove si sono formate e si stanno formando nuove generazioni di uomini e donne. Infatti, la più antica scuola privata di Gaza è la scuola parrocchiale situata nel quartiere di El-Zeytoun, nello stesso sito del complesso parrocchiale. Si potrebbe dire, è un’oasi per l’anima e il corpo.
Ebbene, quella nostra oasi, da più di 2 mesi è diventata un rifugio per la maggioranza della comunità cristiana e per numerose persone malate e bisognose. Nella sede parrocchiale sono rifugiati più di 600 cattolici e ortodossi. In una delle nostre scuole ci sono duemila e cinquecento rifugiati, tutti civili, nostri vicini musulmani.
Tutti soffrono per gli orrori di questa guerra atroce. Notte e giorno, il fragore dei bombardamenti riempie l’aria di paura, insieme alla sabbia che si solleva dal suolo e alla polvere del cemento frantumato. Con ogni nuovo bombardamento aumenta il già enorme numero di morti, distruzioni, feriti e dispersi; malati che perdono l’ospedale e famiglie che perdono la casa. C’è una terribile sete e fame in città, e lo scoraggiamento anzi la disperazione cresce sempre più.
La gente dice di non avere nessun posto dove andare. Infatti, è così. L’intera Striscia di Gaza è un grande campo di battaglia dove due milioni e trecentomila persone implorano il Cielo per ciò che gli uomini potrebbero dare, se lo volessero, la cessazione delle ostilità e, con essa, un soffio di speranza.
La telefonata che quasi ogni giorno il Santo Padre Francesco fa a me o al viario parrocchiale o alle Suore, e l’appello di aiuto lanciato dal nostro patriarca di Gerusalemme, card. Pizzaballa, sono appunto un barlume di speranza e di incoraggiamento.
Chiediamo per tutte le vittime, una tregua immediata e permanente, la liberazione dei prigionieri e la guarigione di migliaia di feriti e, per la cura di numerosissimi malati, una vera assistenza umanitaria per tutti. Che Cristo e Sua Madre ci concedano la pace, la pace per tutta la Palestina e Israele. E possa la nostra missione a Gaza continuare ad essere un’oasi e un rifugio per tutti.
Padre Gabriel Romanelli, IVE
Parroco cattolico di Ga
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