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Il Paese chiude alle 18, sacrificate le attività sociali per salvare scuola e lavoro

Misure più severe per contrastare il virus. Scontente le Regioni. Proteste nelle piazze

Il Paese chiude alle 18, sacrificate le attività sociali per salvare scuola e lavoro

Le (mezze)misure, si sa, non servono o servono a poco. Di certo non sono servite a frenare l’impennata dei contagi da coronavirus nel nostro Paese.
Così il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, domenica 25 ottobre ha firmato un nuovo Dpcm che supera quelli già sottoscritti le due domeniche precedenti.
Questa volta le misure assunte sono state ben più restrittive tanto che i media hanno nuovamente fatto ricorso al termine lockdown.
In realtà siamo ancora lontani dai provvedimenti presi nel marzo scorso. Questa volta le lezioni a scuola non sono state sospese, salvo un parziale ricorso alla didattica a distanza deciso per superiori e università. Ma soprattutto non si è voluto fermare il motore dell’economia.
Le attività produttive stanno continuando ad essere operative. A marzo e ad aprile avevano chiuso anche quelle con gli imprenditori che, per poter continuare a lavorare, dovevano sperare che le proprie attività rientrassero tra quelle considerate essenziali. E allora via, di corsa, a verificare il proprio codice ateco la domenica sera per sapere se il lunedì mattina le serrande si sarebbero potute alzare o se invece dovevano restare abbassate.
Questa volta si è scelto di tenere accesa la macchina: si continua ad andare sia a scuola che al lavoro.
Ad essere sacrificate sono state le attività sociali come lo sport, il cinema, il teatro, la musica, gli spettacoli. Attività che, è bene ricordarlo, per molte persone significano lavoro e quindi stipendi alla fine del mese. Né più né meno di quello che queste stesse parole significano per un operaio o per un impiegato di qualsiasi altro settore.
Scuola La scuola continua in presenza. Tutta tranne alle superiori, dove è stato deciso di attivare la didattica a distanza per almeno il 75% degli studenti. Gli altri potranno entrare in classe. Le modalità sono stabilite dei presidi.
Si continua in presenza nelle scuole dell’infanzia, alle primarie e alle medie. Del resto far fare la didattica on line ai bambini avrebbe comportato la necessità per molti genitori di non andare al lavoro. Saremmo stati punto e capo.
Trasporti La didattica a distanza è stata decisa non perchè la scuola sia di per sè un ambiente a rischio. A preoccupare sono i trasporti pubblici. Qui gli studenti, insieme agli altri utenti, si ritrovano ammassati o comunque generalmente impossibilitati a rispettare il distanziamento richiesto.
Attività sociali Sospesi fino al 24 novembre tutti gli spettacoli: musica, teatro, cinema. Con buona pace dei protocolli assunti e delle spese sostenute da organizzatori e gestori per mettersi in regola e garantire agli utenti il servizio in sicurezza.
Stesso discorso per le palestre e le piscine. Si ferma anche il mondo dello sport dei dilettanti e quello giovanile, con alcune eccezioni per gli sport all’aperto e per quelli di interesse nazionale.
Bar e ristoranti Tutte le attività di ristorazione devono chiudere alle ore 18. Dopo quest’ora sarà consentito solo il servizio per asporto. Seduti al tavolo, evidentemente a pranzo, non più di 4 persone.
Conflitto con le Regioni L’ultimo Dpcm è stato assunto dal Governo senza l’ok delle Regioni che avrebbero voluto mantenere bar e ristoranti aperti fino alle 23, così come non erano d’accordo nel chiudere determinate attività: piscine, palestre, cinema... Le Regioni d’altro canto chiedevano di attuare la didattica a distanza al 100% alle superiori in modo da poter respirare sul fronte del trasporto pubblico. Materia che è di competenza regionale.
L’accordo non c’è stato e le parti lo hanno sottolineato. Vanno evidenziate comunque le differenti richieste: alcune regioni particolarmente colpite da questa seconda ondata come Lombardia e Campania premevano col Governo per provvedimenti anche più severi e infatti hanno autonomamente deciso, con proprie ordinanze, limitazioni alla circolazione in determinati orari.
Altrove invece, come in Friuli Venezia Giulia, si sono visti i governatori scendere in piazza per protestare contro le limitazioni imposte dal Dpcm.
Scontri e proteste Che il clima sia alquanto testo è testimoniato anche dalle proteste violente scatenatesi in molte città. A Napoli, Roma, Milano ma anche a Torino ci sono stati danneggiamenti, lanci di pietre e fumogeni che hanno richiesto l’intervento della Polizia.
Conte ha detto che questi provvedimenti ci consentiranno di trascorrere un Natale più sereno. Ce lo auguriamo. Ma a Natale mancano ancora due mesi.

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