La morte per Covid e la necessità di un suffragio
Il funerale è l'abbraccio dei famigliari e del paese. Durante il lockdown lo abbiamo perso: bene il recupero di un suffragio, anche collettivo, per non far mancare questo momento importante anche per chi sopravvive
In tutti i nostri paesi dopo la morte di una persona la parrocchia si fa coinvolgere assieme al suo parroco. Suono della campana, epigrafe, recita del Rosario, Santa Messa con benedizione della salma, abbraccio ai familiari sulla porta della chiesa, accompagnamento al cimitero, preghiera di commiato e sepoltura.
Tutto questo è fortemente impregnato da umani comportamenti che esprimono il dolore: pianto, abbracci, parlare sotto voce.
La vicinanza tra i familiari, tra gli amici, con la gente della parrocchia, soprattutto nelle piccole comunità dove ancora ci si conosce fra tutti, trova nella presenza, nella partecipazione, nell’abbraccio le sue manifestazioni più spontanee e usuali. Ormai assente il nero dei vestiti come succedeva in passato.
Gran parte di questi gesti comunitari sono stati vietati per il temuto pericolo del rischio di contagio, fatta eccezione del suono delle campane, l’epigrafe e la benedizione all’uscita dall’obitorio o al campo santo della bara.
Ricordiamo tutti questi difficili mesi passati e le immagini televisive che mostravano la durissima realtà soprattutto dei paesi della Lombardia.
Come hanno reagito le nostre comunità parrocchiali?
All’inizio, il dispiacere, soprattutto dei familiari, all’obbligo di non essere accanto ai propri cari al momento del decesso e di non poter celebrare il funerale in chiesa è stato veramente tanto e ha lasciato molte persone attonite e perplesse. Poi lentamente nel pensiero di tanti fedeli è nata, e poi è cresciuta, la consapevolezza che la preghiera di suffragio "vale" anche se non è recitata in presenza della salma. Il Signore sicuramente ha accolto le anime dei defunti al tempo del lockdown e ha dato ascolto alle preghiere di suffragio dei familiari "come al tempo di guerra", ha commentato una nonnina, "quando i morti non sono più tornati dalla Russia".
Alcune famiglie si sono date appuntamento per recitare il Rosario nelle proprie case, tutte sono state raggiunte dalle telefonate di parenti, di amici, del Parroco.
Anche la chiusura dei cimiteri ha sicuramente contribuito ad aumentare la tristezza di quel difficile momento.
Quando le chiese si sono riaperte in molte famiglie si è manifestata l’immediata esigenza di "far celebrare la Santa Messa" con la presenza di parenti e amici, talvolta con la pubblicazione di una seconda epigrafe.
In molte parrocchie si è valutata l’opportunità di celebrare una santa messa a suffragio di tutti i parrocchiani deceduti durante il periodo della chiusura della chiese. Significativa l’iniziativa del Gruppo Alpini di Cordenons che con un’epigrafe ha ricordato i quattro Alpini deceduti e ha invitato la popolazione ad una santa messa.
I nostri paesi sono stati risparmiati dalla prima ondata. Diversa e molto più dolorosa l’esperienza fatta da tante parrocchie della Lombardia e del vicino Veneto.
L’assenza di celebrazioni funebri ha reso più faticosa l’elaborazione del lutto che è, almeno in parte, aiutata dal poter essere accanto al proprio caro al momento del decesso, dall’ aver accanto parenti e amici, dal celebrare una cristiana sepoltura.
La solitudine rende ogni fatica della vita ancora più faticosa. la partecipazione della comunità e del suo Sacerdote alle vicende tristi che possono attraversare una famiglia rende umanamente e cristianamente meno drammatica la morte e il vuoto che ne consegue.
Le imminenti feste dei Santi e dei Morti possono essere quest’anno un’ulteriore testimonianza di come tanti anni fa, l’allora Papa Giovanni, aveva definito la Parrocchia: "La fontana del villaggio".
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento