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La mangiatoia al centro

  A Vallenocello, nell’altare laterale, l’adorazione dei pastori era ben nota: ma velata. Il recente restauro lo rende strumento di annuncio.

Parole chiave: Presepe (16), Vallenoncello (3), Adorazione (1), Pordenone (838)
La mangiatoia al centro

   A Vallenocello, nell’altare laterale, l’adorazione dei pastori era ben nota: ma velata. Il recente restauro, già raccontato, ce lo rende strumento di annuncio. Ci piace, per un gioco di intelletto e di cuore, provare ad accostare quest’arte ad alcune riflessioni di Papa Francesco. Guardiamo allora al cuore dell’intera raffigurazione: a quel grazioso cestino di vimini intrecciato in cui sgambetta vivace un roseo e paffuto bambino.
Ci dice il Papa: "…Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia" (2,7). Gesù viene deposto in una mangiatoia, che in latino si dice praesepium, da cui presepe."
Fa tenerezza questa creature, che come ogni bambino si agita nella culla. Non è avvolto in fasce. E’ nudo, come sarà in croce; è nudo e steso su di un lino, come sarà nel sepolcro.
La sua nascita non è solo poesia e tenerezza: è annuncio della passione, perché il progetto dell’incarnazione è la morte e la risurrezione. Contemplando il Bambino, la mente intravvede l’Uomo della croce.
Aggiunge il Santo Padre: "Entrando in questo mondo, il Figlio di Dio trova posto dove gli animali vanno a mangiare. Il fieno diventa il primo giaciglio per Colui che si rivelerà come "il pane disceso dal cielo" (Gv 6,41)".
La sangue e la carne del piccolo Gesù suscitano bellezza: nel Cristo appeso in croce accendono pietà, e compassione. Dai lini della culla, al lino del sudario, ai lini sacri e bianchi stesi sull’altare, su cui sono il pane e il vino.
Alzando lo sguardo, ecco che lo squarcio sul mondo si apre da una architettura in rovina. Dice il Papa: "Quelle rovine sono (…) segno visibile dell’umanità decaduta, di ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito. Gesù è novità in mezzo a un mondo vecchio".
Gesù, coccolato da due angeli che lo contemplano, è come il movimento elegante d’una goccia che cade in uno specchio d’acqua immobile, e fermo: si allarga e prende vita il cerchio delle onde, che per quanto modesto, lambisce le rive. Messaggio di pace e di speranza.
La vita è sempre occasione di commozione e di gioia. Tanto più quando nel volto del bambino sboccia la conferma dell’amore di Dio per noi. Il nostro sguardo è mortificato perché attorno c’è vuoto, manca una Bellezza seria e alta nella quale immergersi. La nostra disponibilità all’ascolto è tradita, perché cerchiamo il suono di parole buone e sentiamo soltanto rumore.
Poniamo al centro di questo spazio libero la mangiatoia: lasciamo che Gesù possa darci il senso e il valore dell’esistenza. Nelle rovine eterne delle nostre certezze, lasciamogli lo spazio di nascere, per avere creatività, e non solo in forma di poesia: lasciamo che la nostra esistenza divenga presepio accogliente, luogo abitato da Dio, un Dio che sa amare e prendersi cura dell’uomo.
Don Simone Toffolon
Delegato vescovile per i Beni Culturali

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